La Bussola di Nara

Vorrei raccontarvi qualcosa… Prima di iniziare un nuovo percorso si ringraziano le esperienze fatte, le cose imparate, le persone incontrate, i maestri, chi ci ha aiutato e chi ci ha fatto in qualche modo crescere in passato. Si traggono degli auspici per andare avanti. Si condivide quello che si è vissuto… Tre mesi fa è iniziato a Bologna il laboratorio di lingua italiana La Bussola di Nara presso la sede del Servizio Protezioni Internazionali per un piccolo gruppo di ragazzi, Bakary, Dorin, Abdullaj, Daahir, Adams, Andrew, Godsent, Endurance, Jadama. Era un laboratorio di pratiche didattiche attive imparate dalla scuola sperimentale di italiano Asnada. Il lavoro che fa Asnada da una decina d’anni sul territorio è incommensurabile, enorme. Un lavoro educativo e sociale che mette al centro una domanda di ricerca: come si fa a stare assieme avendo cura delle reciproche diversità? Fare della lingua un luogo di accoglienza.

Come imparato da Asnada per quanto riguarda l’apprendimento dell’italiano, anche nel progetto della Bussola di Nara ho cercato di stimolare un approccio multidisciplinare alla scrittura, alla lettura e alla narrazione che mette al centro la persona, e che avviene grazie al gruppo. Gli strumenti utilizzati sono diversi, da materiali Montessori riadattati al contesto del gruppo (adulti, parlanti diverse lingue,..), all’uso di foto e illustrazioni evocative lontane dagli stereotipi da associare alla lingua, a laboratori manuali tesi all’espressione e alla produzione di parola, all’uso della voce, del corpo e della gestualità, alla scrittura di testi collettivi, alla valorizzazione delle lingue madri… La scelta degli strumenti è orientata da ciò che più può stimolare il desiderio di lingua, ciò che più può aiutare a creare una relazione di familiarità con essa; e quindi parte dai bisogni e dagli interessi degli allievi. Non ringrazierò mai abbastanza le gigantesche ragazze di Asnada e in particolare Sara per il supporto che mi hanno dato. Grazie anche a Fabrizio, che nella sua bottega di via Porta Nova ha costruito per la Bussola di Nara l’alfabetario mobile con il legno, utilissimo strumento d’apprendimento, e grazie ad Alessia della scuola d’italiano Il Giardino dei Viandanti per il suo sostegno e i suoi consigli preziosi. Il laboratorio è durato due mesi, tre volte a settimana. Breve ma utile rinforzo estivo. I paesi d’origine dei ragazzi sono Gambia, Nigeria, Somalia, Ghana. Il primo giorno del corso l’abbiamo inaugurato con un’attività sulla canzone Per me di Jovanotti, una canzone d’amore che ci ha permesso di scoprire diverse parole, come Pelle, Stelle, Terra di Sogni, Profumo… Parole, come ponti che permettono di creare connessioni. Ma una canzone è poi soprattutto racconto di una storia: Cosa è successo? Perché per il protagonista della canzone non è facile dire… cosa vuole dire a lei che non è facile? All’inizio i ragazzi si esprimono per lo più in inglese -in pidgin, poi si aggiungerà una parola d’italiano dopo l’altra, finché – obiettivo a lungo termine – si formeranno le solide basi della nuova lingua.

Durante i due mesi abbiamo continuato a lavorare sulla costruzione della lingua come mezzo per prendere confidenza, entrare in contatto e instaurare relazioni con la realtà in cui si siamo immersi, tutta da rinominare e identificare.
Piano piano abbiamo tracciato relazioni con la lingua, relazioni con il gruppo e con le nuove pratiche didattiche del laboratorio, piccoli germogli che avrebbero infittito una rete coerente di significati per leggere il mondo. Com’erano i ragazzi del gruppo? I ragazzi erano gentili, a volte ostinati, a volte disponibili, a volte concentrati, a volte distratti, a volte erano timidi ma a volte prendevano tutto il coraggio a due mani, erano pieni di vita, qualcuno era metodico, qualcuno era creativo, qualcuno era più ispirato dai lavori manuali, qualcun altro dalle immagini e qualcuno dalle parole scritte… I momenti più belli sono stati quelli di comunicazione autentica, di scoperta, quelli in cui imparare parole nuove era un piacere, quelli in cui si sono fatti sforzi e si è stati soddisfatti di sé. A me ha colpito una dolcezza che affiorava spesso quando esprimevano le proprie idee, le voci morbide e profonde… Mi ha commosso quando in un’attività di scrittura di una lettera a un amico, Dorin disse: “La mia vita è difficile per motivi personali, però libera, perché prendo le mie decisioni e nessuno mi dice quello che devo fare”. O qualcun altro che affermò: “La mia vita è qualche volta difficile, qualche volta facile. Non sempre è libera perché non posso fare quello che voglio”. Mi sentivo contenta quando i ragazzi erano motivati e avevano voglia di continuare la scuola. Quando trovavano piacere a trascrivere i suoni, quando hanno iniziato a sentirsi liberi di fare domande ed esprimersi. Quando hanno cominciato ad autoregolarsi nel gruppo e hanno trovato delle piccole regole per diventare autonomi nell’espressione linguistica. Quando a fare un’attività si sono sentiti forti, e quando si sono sentiti bene. Quando si sono presi delle libertà; quando si sono messi in gioco.
Di momenti difficili ce ne sono stati per la frequenza discontinua degli allievi – discontinua per cause varie – e a volte per mantenere la concentrazione.

Durante l’ultima settimana abbiamo fatto una caccia al tesoro in città, a Bologna, in cinque tappe, giornata conclusa con un pic-nic al parco… scegliamo un posto all’ombra e ci sediamo sull’erba, beviamo il té freddo e mangiamo una fetta di torta, che in somalo si dice tortle… (nel somalo sono approdate per cause storiche diverse parole di origine italiana e araba), anche se non è il mio compleanno, come mi chiedono i ragazzi… Ci sono le cicale che cantano, i ragazzi dicono la parola “cicale” in somalo. Mi chiedono anche come si chiamano gli animali che arrivano dopo la pioggia, le rane; mi pare “cracke” in somalo. Tiro fuori dei dadi (“ledu”) che avevo nello zaino e iniziano a giocarci. Stiamo più di un’oretta lì parlando liberamente. Parliamo di Mogadiscio, il giorno prima c’era stata un’esplosione e sono morte tante persone. Le famiglie dei ragazzi sono a Mogadiscio, non sono nel bush (periferia / villaggi). Parliamo del governo; dal 2017 c’è un presidente soprannominato Farmajo (eredità di un trascorso in Italia del padre), ma per 27 anni non c’è stato governo ma solo colpi di stato e soldati. Poi sono arrivate le UN e tanti rifugiati dai paesi dell’Africa centro-settentrionale per il “mantenimento della pace”, che durerà per altri 5 anni. In Somalia ci sono state tante violenze, soldati, stupri. In Africa la politica è diversa dall’Europa, mi dicono. Chiedo ad Adams della sua città, Edo City. Non ci sono le colline come in Italia. C’è il mare, lui era vicino al mare ; anche se si abita in città, si può essere lontani o vicini, dipende, visto che la città è grandissima. Anche a Mogadiscio c’è il mare ma è molto diverso da quello italiano: in Somalia, la sabbia è bianca. E le onde sono grandissime come l’albero che abbiamo davanti, mentre in Italia sono piccoline. E poi in Somalia c’è la corrente forte. Mi chiedono la parola “corrente”. Mi dicono che ci sono i leoni marini e le tartarughe. Mi parlano delle relazioni di coppia in Somalia, e di cucina… Quest’uscita è stata importante, importante è avere riferimenti vissuti insieme. Così per ricordarci di una parola, è bello risalire all’esperienza comune. La lingua ne è uscita giovata, più tonda, più sicura. Durante gli incontri successivi eravamo più presenti e allineati, partire da una base e un’esperienza comune ha reso più facili le connessioni. Eravamo più uniti, insieme sullo stesso cammino e questo ha aiutato a uscire dai ruoli e comunicare in modo autentico.

A fine luglio le prospettive dei ragazzi erano diverse: lo studio, il lavoro, il mare… sarebbe stato bello continuare e andare più lontano ma intanto questo laboratorio terminava così, con la speranza che questo percorso insieme avesse acceso una minuscola scintilla nel campo della loro autonomia. Per me è stato fonte inesauribile di doni preziosi come grandi quesiti – e tentate risposte -, sperimentazioni, e profondissime possibilità.

Qui un articolo finale sul laboratorio.

Formazione linguistica | settembre 3, 2018

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