Ritratto #2, Thomas / Le origini di Parigi

Il secondo ritratto del blog è dedicato a Thomas e alla ricerca delle origini di Parigi nel 13° arrondissement.

Non conoscevo Thomas prima di arrivare a Parigi. I nostri primi contatti sono stati per mail, ho risposto a un annuncio di lavoro che aveva pubblicato. Poi un giorno, mi ha aperto le porte dell’ufficio, e da lì siamo diventati colleghi.

Thomas è aperto al dialogo e allo scambio, come raramente capita. Ama condividere e scambiare opinioni su tutto, sulla realtà, su libri, film, opere e su cose fantastiche e inventate.

Il giorno in cui c’era stato l’attentato di novembre 2013 a Parigi avevamo paura delle pallottole volanti e di prendere la metro. Qualcuno era tentato di restare in ufficio quella sera, ma Thomas disse che per queste cose è destino, e aggiunse ironicamente che in ogni caso, la ligne 7 della metro con cui io e lui torniamo a casa ogni giorno, non gli sarebbe interessata…

Non abitiamo distanti, quindi a volte prendiamo insieme la metro e passiamo di fronte alla fermata di Place d’Italie, che è uno dei posti preferiti dei barboni di Parigi. Uno si lava i denti, un altro taglia i capelli a tutti gli altri col rasoio. Gli chiedo secondo lui perché, come faccio spesso, perché è bello parlare con lui. Mi dice che a Parigi, a Châtelet, o a Place d’italie, ci sono un sacco di posti per nascondersi e stare al caldo. Poi, una volta, nel mezzo del Parco di Vincennes ha visto un vero e proprio accampamento di sdf, con le tende che sbucavano tra gli alberi in modo surreale.

Thomas viene dal sud della Francia ed ha abitato a Aix en Provence. Mi ha raccontato che era un punk e che si metteva le piume dei cormorani in testa. Ha iniziato a farlo in Italia, dove è andato in autostop. Qualche sabato al mese ha un appuntamento fisso in un teatro di Montmartre con la sua compagnia di teatro d’improvvisazione Les Improbables.

Un giorno siamo andati al Salone del Libro di Montreuil in cui abbiamo discusso a lungo su questo blog. Mi ha dato molte idee e consigli. Inoltre, è l’interprete infaticabile delle mie pronunce storte, mediatore e armonizzatore di idee, opinioni, pensieri, in quella terra di mezzo tra italiano e francese. Di cui mi ha prestato le bacchette per continuare a camminare. E poi, gli piace Parigi di notte e ha una lampada del buonumore.

Abbiamo anche una teoria sull’acquario al piano terra del nostro ufficio, che a volte è spento a volte illuminato, a volte c’è un pesce, a volte nessuno, a volte molti… Crediamo che siano dei pesci artificiali, che ogni tanto guadagnano la libertà, vengono disattivati o riescono a scappare…

Ecco la storia di Parigi, scritta da Thomas.

 

Da quando ne ho memoria (1), gli uomini hanno sempre abitato le terre del 13° e 12° arrondissement, ben prima di tutto il resto della corona parigina. Oggi, sono terre trascurate dai turisti disorientati e dai Parigini ossessionati dalla rive droite in perpetua gentrification. Ma il Sud-Est di Parigi è l’origine. Al museo Carnavalet si possono visitare tuttora i resti di numerose piroghe neolitiche e anche di tracce d’abitazioni permanenti che eran situate a livello dell’attuale Bercy. Sull’argine della Senna, tra la Gare de Lyon e la Gare d’Austerlitz, fu fondata Parigi. Una terra a forma di punto di partenza, quindi. Arrivando dalla Provenza, a Sud-Est della Francia, è naturale che le mie prime scoperte e deambulazioni furono proprio attorno alla gare de Lyon, che distribuisce i viaggiatori e i treni nel sud del paese.

La prima volta, ho scoperto la capitale in compagnia di due vecchi amici. Decidemmo di venire in autostop per visitare la città. O piuttosto per visitare. Se il detto dice che l’erba è verde dappertutto, la birra e la festa invece non lo sono ! A 17 anni, siamo sbarcati in città, infestando le strade alla ricerca di bar e concerti gratis, senza riuscire a trovare niente, evitando con cura i luoghi interessanti… siamo finiti a vendere La Mouïse del Professor Choron (2) per pagarci un biglietto di ritorno in treno. Mi resta un buon ricordo del viaggio, con le sue esperienze di sfida alla morte… ricordi indelebili che non si possono condividere che con gli amici o con i fratelli. Ma di Parigi, niente. Solo muri, stazioni, strade.

Quasi dieci anni dopo, eccomi costretto ad emigrare, intrappolato e curioso di un universo affascinante e insieme ripugnante. Lontano dalla famiglia, dagli amici, dalle abitudini. Dopo un periodo di rivolta e disfatte e assimilazioni che sarebbe lungo e futile riassumere qui, Lutezia diventa Parigi, una scelta che data del 310, ratificata più tardi da Clodovico. Tralasciamo i regni dei Franchi, gioia dei nostalgici, per gironzolare per le strade che la dicono lunga a chi vi presta attenzione.

Due guide mi hanno particolarmente allenato all’amore della città nonostante i rimpianti di non vivere più al Paese : Stéphan C. Bantam, con cui condividiamo l’amore per i libri, le storie, le passeggiate urbane, i banchetti e i luoghi popolari. E Jacques X. Yonnet, con cui condivido il fascino per le leggende, il simbolismo, le farse e il buon vino. Entrambi m’invitano a seguire le loro tracce in questa città metamorfe.

Avevo già avuto un assaggio con Villon, Flaubert, Baudelaire, Nerval, Breton, Aymé, Céline, Prévert, Vian, Manchette, Clébert,… (3) che propongono delle passeggiate intriganti e dei giri forsennati nel feudo dei Nauti (4). Secoli interi sfilano sotto il segno della psicogeografia intuitiva dei luoghi.

Ancora un periodo in zona 1 fino all’arrivo della tribù celtica dei Parisi (5) che s’installò nella regione nella metà del III secolo a.C. E si stabilì nelle due sponde del fiume Sequane. Personificando le acque che son state così importanti per lo sviluppo della città, la ninfa Sequana – dea irascibile – divise in due il territorio e così mise al mondo l’isola che ha sempre avuto il posto più speciale della città. Ma ci stiamo allontanando dalla nostra tredicesima tribù.

Fino ad ora, ora locale 11.37, l’oppidum dei Parisi – che si accompagna all’oppidum di Nanterre – resta la sola traccia di una città pre-esistente a Parigi(6). Da Lutezia alla « Grande Parigi », i luoghi sono rimasti gli stessi. Allo stesso modo in cui i Romani arrivarono dai Celti, io mi sono stabilito nei quartieri a sud della Senna, dove i Latini dovettero lasciare poi il posto alla gente dell’Est, l’Est vero, l’Oriente ; ma le denominazioni simboliche di Piazza e Porta d’Italia sono rimaste intatte. Una postierla che è stata sgraffignata per un possibile ritorno dei principi del Rubicone.

Di origini italiane, i soli attributi fisici che non corrispondono con le mie profonde origini piemontesi sono gli occhi a mandorla che uso fin troppo. Che felicità, queste coincidenze pietrificanti di un luogo di vita che unisce il retrogusto delle origini e la doppia visione concessa agli usi dei nuovi indigeni.

Rivoluzione, Impero e Restaurazione, la marcia dei notabili sulla città lascia la sua impronta indelebile. Dalla Commune al regno dei Chirac, Parigi impone parallelamente gli assalti del cattivo tempo, e di métro->boulot->métro->dodo-> (metro-a lavoro-metro-a dormire) e Vita urgente. La più visitata megalopoli del mondo : se vederla è una meraviglia, viverci spinge a fuggirla.

Secondo le regole dell’arte, il cuore e lo spirito di questa città abitano i margini. Che sollievo tagliare per i budelli e i canali di scolo, passare attraverso gli interstizi della sua vita sotterranea e nascosta, dei suoi luoghi improbabili e radicati, sotto l’occhio dei suoi abitanti nativi. “Miserabile e poetica” la definiva Clébert 60 anni prima. Terribile bellezza baudleriana, un piacere colpevole che esiste ancora.

E fatalmente torno al Sud, un mattino. Terra promessa, terra fantasmata, ricerca delle origini o esigenza che prendo in prestito ai ferventi salmoni (7). Lascio la capitale fremente, elettrica, per ritrovare la tranquillità delle bassi Alpi e il piacere dell’ennui (8). Lei tanto va e viene. La posizione esatta di questo paese sfuma con il passare del – trattengo il respiro – tempo. Respiri geografici – lo rilascio – meccanici.

Il 13° arrondissement, il sud come orizzonte. Un mare ricco che può essere attraversato nel tempo libero, una spiaggia che si può domare. Qui piuttosto che altrove. Dodux (9), gli amici, i luoghi, … cercare tracce, idee, desideri, passaggi e megaliti, perdersi, esaurire i libri e il palco, le cucine e le culture, perdersi ancora una volta, i viaggi – perfetta base di partenza e incursioni dirette (10) – nel cuore delle civiltà, perdersi sempre.

Note :

(1) Una memoria atavica dell’essere umano. Teorie controverse e tentazioni new-age… Ma mi piace l’idea che possiamo frugare inconsciamente in conoscenze e ricordi che non ci appartengono . Un ” déjà vu ” millenario e poetico che risale ogni tanto in superficie.

(2) Per i curiosi, si trattava del numero 20 – 1° trimestre del 2002, di cui una o due copie sono ancora da me, in ricordo dei bei vecchi tempi. E voi Jeje, Nico ?

(3) Colui che saprebbe organizzarne una lista esaustiva sarebbe molto bravo, ma concentriamoci sui libri da rileggere con piacere, anche dopo la prima curiosità.

(4) Nauti o Mercanti d’acqua. Non so perché, ma l’acqua è sempre stata di primaria importanza per me, dovunque mi trovi. Nei miei sogni – notturni o ad occhi aperti – vivo necessariamente vicino ad un fiume.

(5) Sui Celti, il miglior libro del momento : Les Rois du monde, T1 Même pas mort

(6) Eccellente programma sul soggetto : le Salon noir

(7) Anadromia, « scopriamo ogni giorno, una nuova parola » o approfittiamone per fermarci un attimo sull’acquario misterioso che ha evocato Claudia, dove i pesci sembrano vivere alla frontiera di un mondo che ci sfugge. Che sia acceso o spento, la boccia vuota non dà nessun altro indizio sulla destinazione vacillante dei suoi abitanti. Quando tornano, nessuna speranza di fargli sputare il rospo.

(8) Nessun peggiorativo in questo caso. Oggi sappiamo che la noia è necessaria alla costruzione del sé e va a beneficiare ogni giorno alla riorganizzazione dei propri pensieri e al fare mente locale. Come si fa una siesta, si dovrebbe coltivare anche la noia.

(9) I Latinisti non sono ancora tutti d’accordo su questo punto. La traduzione più vicina sarebbe “la casa” secondo la riforma 785.

(10) Ne avete la prova con questo blog e la sua autrice. Questo articolo non è che un secondo di un dialogo che dura da quando ci conosciamo, e che ci fa viaggiare entrambi senza muoverci da qui.

 

Portrait #2, Thomas / Les origines de Paris

Le deuxième portrait de ce blog est écrit par Thomas, à la recherche des origines de Paris dans le 13° arrondissement.

Je ne le connaissais pas avant d’arriver à Paris. La première fois, nous nous sommes contactés par email car j’ai répondu à un annonce de boulot qu’il avait posté. Puis, un jour, il m’a ouvert la porte du bureau, et de là, nous sommes devenus collègues.

Thomas est ouvert au dialogue, à l’échange et à l’écoute des autres, comment il arrive rarement. Il aime partager et échanger des opinions sur tout, sur la réalité, sur les livres, les films et les œuvres, sur les choses de la fantaisie et sur celles inventés.

Le jour de l’attentat à la rédaction de Libération, nous avions peur des balles perdues et de prendre le métro. Quelqu’un était presque tenté de rester au bureau, mais Thomas nous avait dit qu’on pouvait rien faire, que ça serait destinée de le rencontrer, et il ajoutait avec ironie que dans tous les cas, la ligne 7 avec laquelle lui et moi on rentre chez nous, n’intéresse pas à l’auteur de l’attentat.

Nous ne vivons pas loin, nous prenons parfois le métro ensemble et passons par Place d’Italie, qui est l’un des endroits préférés de sdf. On voit parfois l’un d’entre eux qui se brosse les dents, un autre qui coupe les cheveux à tous les autres avec son rasoir. Je lui demande la raison pour laquelle beaucoup de sdf se réunissent ici, comme je le fais souvent, parce que c’est bien de parler avec lui. Il me dit que, dans Paris, à Châtelet ou à Place d’Italie, il y a beaucoup d’endroits pour se cacher et rester au chaud. Puis, il me raconte qu’une fois au milieu du parc de Vincennes, il a vu un véritable camp sdf, avec les tentes qui sortaient parmi les arbres d’une manière surréaliste.

Thomas vient du sud de la France et il a vécu à Aix en Provence. Il m’a dit qu’il était un punk et qu’il se mettait des plumes de cormorans dans la tête. Il a commencé à le faire en Italie, où il est allé en autostop. Une fois par mois il joue au théâtre à Montmartre avec sa compagnie de théâtre d’improvisation Les Improbables.

 

Un jour, nous sommes allés au Salon du livre de Montreuil, où nous avons discuté longuement sur ce projet de blog et il me donnait plein d’idées et de conseils. Il est ainsi l’interprète de mes prononciations inlassables, médiateur et harmonisateur des idées, des opinions, des pensées dans ma terre du milieu entre l’italien et le français. Il m’a prêté les baguettes pour y continuer à marcher. Il aime Paris la nuit et il possède une lampe du bonheur.

Nous avons aussi une théorie à nous sur l’aquarium au rez de chaussée du bureau. Parfois il est éteint, parfois il est allumé, parfois il y a juste un poisson qu’y nage dedans, parfois ils sont plusieurs… Nous pensons qu’ils sont des poissons robots avec une intelligence artificielle, que de temps en temps gagnent leur liberté, ou sont désactivés. Ou ils arrivent à s’échapper…

Voici le Portrait de Paris par Thomas.

Aussi loin que je me souvienne (1), des hommes ont toujours arpenté les terres du 13e et du 12e arrondissement, bien avant le reste de la couronne parisienne. Des lieux délaissés par des touristes mal orientés et des Parisiens obsédés par la rive droite en perpétuelle gentrification. Un Sud-Est comme origine. On trouve aujourd’hui au musée Carnavalet les restes de plusieurs pirogues néolithiques ainsi que des traces d’habitations permanentes situées au niveau du Bercy actuel. Au bord de la seine entre la gare de Lyon et la gare d’Austerlitz se sont construites les fondations de la ville. Une terre en forme de point de départ. Arrivant de Provence, du Sud-Est, c’est naturellement que mes premières découvertes et déambulations tournèrent non loin de cette gare de Lyon qui distribue les voyageurs et les trains dans le sud du pays.

 

Une première fois, en guise d’introduction, je découvre la capitale en compagnie de deux vieux amis, quand nous décidons de venir en stop pour visiter. Ou plutôt pour visiter. Si le dicton précise que l’herbe n’est pas plus verte qu’ailleurs, la bière et la fête le sont bien. A 17 ans, nous débarquions « à la ville », écumants les rues à la recherche de bars et de concerts gratuits, ne trouvant que la même chose que chez nous, évitant soigneusement les lieux intéressants et finissant par vendre La Mouïse du Pr Choron (2) durant quelques jours pour se payer un billet de retour en train. Il m’en reste un très bon souvenir du trajet, des expériences inoubliables de trompe-la-mort et cette mémoire indélébile que l’on ne peut partager qu’avec des amis, des frères. Mais de Paris, rien. Des murs, des gares, des routes.

Presque dix ans plus tard, me voici contraint d’y émigrer, piégé et curieux d’un univers fascinant et repoussant. Loin de la famille, des amis, des habitudes. Après une période de révolte, de défaites, et d’assimilations qu’il serait lent, voire futile, de résumer ici, Lutèce devient Paris, un choix datant de 310, entériné plus récemment par Clovis. Passons sur ces royaumes Francs qui font les délices des nostalgiques, pour rôder dans les rues qui en disent long à ceux qui sont attentifs.

Deux guides m’ont particulièrement entrainé dans cet amour de la ville malgré les regrets de ne plus vivre au Pays, Stéphan C. Bantam avec qui nous partageons l’amour des livres, des histoires, de la marche urbaine, des agapes et des lieux populaires. Et Jacques X. Yonnet, avec qui je partage la fascination des légendes, du symbolisme, des canulars vrais et du bon vin. Tous deux m’invitants à suivre leurs traces dans cette ville métamorphe.

 

J’avais pris un peu d’avance avec Villon, Flaubert, Baudelaire, Nerval, Breton, Aymé, Céline, Prévert, Vian, Manchette, Clébert,… (3) qui proposent quelques intrigantes ballades et des envies de virées forcenées dans le fief des Nautes(4). Des siècles défilent sous les lignes et la psychogéographie intuitive des lieux.

Une période encore en zone 1 jusqu’à l’arrivée de la tribu celte des Parisii(5) qui s’installa dans la région dans le milieu du IIIe siècle av. J.-C. et s’implanta des deux côtés du fleuve Sequane. Personnifiant ces eaux importante dans le développement de la cité, la nymphe Sequana –quinteuse déesse – divise en deux le territoire et enfante cette île qui à toujours eu une place à part dans la ville. Mais nous nous éloignons de notre treizième tribu.

Jusqu’à maintenant, et il est 11h37, cet oppidum Parisii -qui se double avec l’oppidum de Nanterre- reste la seule trace d’une ville préexistante à Paris(6). De Lutèce au « Grand Paris », les lieux sont restés les mêmes. Tout comme les Romains arrivant chez ces Celtes, je me suis établi au sud de la Seine dans ces quartiers sud où les Latins ont laissés leur place aux arrivants de l’Est, le vrai, l’Orient, tout en gardant ces dénominations symboliques de cette place et de cette Porte d’Italie. Une poterne écorchée sur un possible retour des princes du Rubicon.

D’origine italienne, les seuls attributs physiques qui ne collent pas avec mes profondes origines piémontaises sont ces yeux bridés que j’use à l’excès. Quel bonheur, ces pétrifiantes coïncidences d’un lieu de vie conjuguant un arrière-goût des origines et cette double vue accordé aux usages des nouveaux autochtones.

 

Révolution, empire et restauration, la marche des notables sur la ville laisse son emprunte indélébile. De la Commune au règne des Chirac, Paris impose pareillement les assauts du mauvais temps, du métro->boulot->métro->dodo-> et la Vie urgente. Mégalopole la plus visitée au monde, si la parcourir émerveille, y vivre pousse à fuir.

Dans les règles de l’art, le cœur et l’esprit de cette cité peuplent les marges. Quel soulagement de couper par les boyaux et les rigoles, de traverser par les interstices de sa vie souterraine et cachée, de ses lieux improbables et enracinés, sous l’œil de ses habitants endémiques. « Misérable et poétique » la complimentait Clébert soixante ans plus tôt. Terrible beauté baudelairienne, un plaisir coupable qui existe encore.

Et fatalement retourner dans le Sud, un matin. Terre promise, terre fantasmée, quête des origines ou exigence empruntée aux fervents saumons(7). Quitter la capitale pressée, électrique, pour retrouver la quiétude des basses Alpes et le plaisir de l’ennui(8). Elle va, elle revient. La position exacte de ce pays s’estompe au fil -je retiens mon souffle- du temps. Respirations géographiques –je le relâche- mécaniques.

Le 13e, ce sud comme horizon. Une mer riche que l’on peut traverser à loisir, un rivage que l’on peut dompter. Ici plutôt qu’ailleurs. Dodux(9), les amis, les lieux,… chercher des traces, des idées, des envies, les passages et les mégalithes, se perdre, épuiser les livres et la scène, les gastronomies et les cultures, se perdre encore, les voyages –base de départ parfaite et incursions directes(10)- au cœur des civilisations, se perdre toujours.

 

Notes :

(1) Une mémoire atavique de l’être humain. Théories controversées et tentations new-age… Pourtant j’aime l’idée que nous pouvons piocher inconsciemment dans un savoir et des souvenirs qui ne nous appartiennent pas. Un « déjà vu » poétique et millénaire qui remonterait parfois à la surface.

(2) Pour les plus curieux, il s’agissait du numéro 20 – 1er trimestre 2002 dont un ou deux exemplaires trainent encore chez moi en souvenir du bon vieux temps. Et vous Jéjé, Nico ?

(3) Bien malin celui qui saurait organiser une liste exhaustive, mais concentrons-nous sur les livres que l’on relit avec plaisir, en plus de la prime curiosité.

(4) Nautes ou Marchants d’eau. Je ne sais pas pourquoi, mais l’eau à toujours eu pour moi une importance capitale quelque soit le lieu. Dans mes rêves –nocturnes ou éveillés- j’habite forcément près d’une rivière.

(5) Sur les Celtes, le meilleur livre du moment : Les Rois du monde, T1 Même pas mort

(6) Excellente émission sur le sujet : le Salon noir

(7) Anadromie, « découvrons chaque jour, un nouveau mot » ou profitons-en pour nous arrêter sur cet aquarium mystérieux que Claudia évoquait où les poissons semblent vivre à la frontière d’un monde qui nous échappe. Tantôt allumé ou éteint, le bocal vide ne donne aucun autre indice sur la destination défaillante de ses habitants. Quand ils reviennent, pas moyen de leur faire cracher le morceau.

(8) Rien de péjoratif ici. On sait, aujourd’hui, que l’ennui devient nécessaire dans la construction de soi et qu’il passe pour bénéfique au quotidien pour réorganiser ses pensées et faire le point. À la manière d’une sieste, cultivons l’ennui.

(9) Les Latinistes ne s’accordent pas encore tous sur ce point. La traduction la plus proche serait « la maison » depuis la réforme 785.

(10) Vous en avez la preuve avec ce blog et son auteure. Cet article n’est qu’une seconde d’un dialogue qui dure depuis qu’on se connaît, et qui nous fait tous deux voyager sans bouger d’ici.

 

Paris | marzo 13, 2018

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